Il cronista Fantaguzzi (nato nel 1453) ricorda Pandolfo III come "illustre principe che aveva edificato molti belli edifici in Brescia ed in Bergamo" [Tabanelli Mario, Pandolfo III Malatesta, Zanetti Editore, Brescia, 1978, pag. 93]. Anche secondo quanto riporta Agostino Zanelli, Pandolfo "intese a consolidare la signoria […] costruendo edifici e palazzi sontuosi" [Zanelli Agostino, La Signoria di Pandolfo Malatesta in Brescia secondo i registri dell'Archivio Malatestiano di Fano, in Archivio Storico Lombardo: giornale della società storica lombarda, 1931, pag. 128]. È infatti normale immaginare l'attivazione di numerosi cantieri nella Signoria, per almeno tre motivi: la necessità di dotare la città di nuovi ambienti per la corte e per le nuove istituzioni, anche religiose; il desiderio di conferire alla città un aspetto di prestigio, da sede signorile, al pari delle altre importanti città dell'epoca conosciute da Pandolfo, come Bologna, Mantova, Milano, Ferrara, Pavia o Venezia; quasi vent'anni di relativa pace, soprattutto nella città, con sviluppo economico e conseguente forte immigrazione.
Anche Lonati e Panazza confermano [Lonati Riccardo, Catalogo Illustrato delle Chiese di Brescia, Edizione fuori commercio, Brescia, 1989-1993, pp. 843, 926, 927; e Panazza G. Il volto storico di Brescia, Vol. III, 1964, pag. 1095]. Tralasciando rocche e fortificazioni, sono probabili opere malatestiane, secondarie rispetto alla Curia Nova di Palazzo Broletto, il Chiostro di Sant'Eufemia (oggi Sant'Angela Merici), la Chiesa di San Tommaso, quella di San Pietro Martire, il monastero di Santa Maria di Pace e la chiesa di San Francesco d'Assisi nel suo restyling quattrocentesco, che è vicino all'aspetto attuale.
Osservazioni dirette su altri edifici fanno sospettare la mano originaria del Malatesta e, a dare manforte alle osservazioni, scrive lo storico Giorgio Nicodemi, nel 1926, sulle pagine di Emporium, dichiarando che a Brescia "si levarono alcuni scarsi edifici eretti durante il periodo malatestiano, dei quali il miglior esempio dovette essere la chiesa di Sant'Agostino […] poi via via furono mutate tra il terzo e il settimo decennio del Quattrocento, la chiesa e il convento dei Gesuati al Santo Corpo di Cristo […], la chiesa di Sant'Agata […], la chiesa di Santa Maria del Carmine […], il convento di Sant'Eufemia..." (oggi Sant'Afra). Enigmatica è, in particolare, la chiesa del Carmine, costellata di tracce malatestiane, compresa una tomba Medici risalente al 1408.
Se poi spostassimo l'attenzione sull'edilizia civile, ovvero sulle dimore, potremmo raccogliere un altro bottino di edifici, a cominciare dalla presunta casa di Antonia da Barignano, in via Gambara n. 9 Effettivamente appartenuta ai Bargnani, secondo lo storico di famiglia Alberto Bargnani è improbabile che sia veramente stata quella di Antonia [si veda Lechi Fausto, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Vol. II Il Quattrocento, Edizioni di storia bresciana, Brescia, 1974, pp. 131-132, 151/153].
La Loggia Malatestiana nella Corte Nuova di Palazzo Broletto.